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"Ragù di capra" è un romanzo che spesso assume le caratteristiche di un acuto saggio analitico dei rapporti fra società, ambiente, economia e politica nella Calabria e nel Sud di oggi. La vicenda del giovane faccendiere milanese Stefano Airaghi, che dopo alcune speculazioni "eccessivamente disinvolte" è costretto a chiedere aiuto, rifugio e anche un po' di clandestinità a suoi "colleghi faccendieri", che però operano prevalentemente nel profondo Sud dello stivale, è infatti solo un pretesto per scatenare in forma scritta i sentimenti nutriti e i valori evidentemente riconosciuti dall'autore alla sua terra di origine. Il piano di Airaghi è semplice: truffare la compagnia di assicurazione, fingendo di annegare per l'affondamento del suo yacht nelle acque del mar Jonio e aspettare di riscuotere il consistente premio, nascosto in un defilato paesino della Locride. Il piano è supportato da Sammy Morabito, nipote del capobastone locale, suo socio d'affari a Milano. Ma Airaghi non riesce a gestire la fase di "morte presunta" con la discrezione necessaria, comincia a frequentare un gruppo di giovani sgarristi e addirittura decide di fondare una 'ndrina tutta sua.